Quanto pesano le cose

Quanto pesano le cose? - Occhio

Quanto pesano le cose? – Stress e dintorni!

 Quanto pesano le cose? - Occhio

Quanto pesano le cose? - Cuore farfalla Uno psicologo insegna ai suoi studenti come gestire lo stress. Prese un bicchiere d’acqua e si avviò per la stanza, in silenzio. Tutti si aspettavano una domanda tipo: “è mezzo pieno o mezzo vuoto?” Ad un certo punto si fermò, alzò il bicchiere e chiese ai suoi studenti: “Quanto è pesante questo bicchiere d’acqua?” Meravigliati, gli studenti hanno dato risposte tra 250 e 500 ml. Lo psicologo risponde: peso assoluto non importa, importa quanto tempo lo tieni alzato…

Un minuto, nessun problema…

Un’ora, un braccio dolorante…

Un giorno, paralizza il braccio…

In ognuno di questi tre casi il peso del bicchiere non cambia. Cambia solo il tempo. Più il tempo passa, più diventa pesante. Lo stress e le preoccupazioni della vita sono come il bicchiere d’acqua. Se si pensa di meno a loro, non succede quasi nulla. Se si pensa di più, il cuore inizia a far male. Se stai pensando a loro per tutto il tempo, paralizzano la tua mente. Quando arrivi a casa la sera, lascia fuori le tue preoccupazioni. Non portarle con te durante la notte. Metti giù il bicchiere…..

Giuseppe per il peso delle cose

#826

 

La vita senza cellulare

Iphone I-Phone Apple

Come sarebbe la nostra vita senza smartphone?

 Divieto cellulare


Perdere il proprio telefono cellulare infatti è un po’ come perdere un braccio. Come potresti aggiornare il tuo status sui social network, controllare la posta e tenerti occupato mentre vai al lavoro al mattino? Qualcomm, tra le aziende leader nel campo dei processori per dispositivi mobili, ha provato a immaginare cosa potrebbe succedere tra un postino che ti consegna una busta dietro l’altra e la pagina Facebook come un muro che ti crolla addosso mentre l’aggiorniamo. – La Repubblica


Giuseppe per il futuro possibile

#809

 

Il bello di essere single

Renée Zellweger - Il diario di Bridget Jones (film) - Single

Il Bello Di Essere Single

Dal WEB

Renée Zellweger - Il diario di Bridget Jones (film) - Single
  1. Renée Zellweger - Il diario di Bridget Jones (film) - SinglePuoi dimenticare il cellulare a casa senza che scoppi un putiferio. 
  2. Puoi startene a casa senza …che nessuno ti fracassi le scatole se una sera non ti va di uscire. 
  3. Non devi uscire con i suoi amici e amiche che proprio non sopporti. 
  4. Puoi uscire quando ti pare con i tuoi amici che lei proprio non sopporta. 
  5. Non devi domandare “Ti va?” ogni volta che ti viene in mente di fare qualcosa e “Che ne dici, ti piace?” ogni volta che vuoi vedere un film. 
  6. Non devi trovare centinaia di possibili giustificazioni per farle capire che non è colpa sua se una sera semplicemente sei scoglionato senza un motivo particolare. 
  7. Non devi ogni mattina scrivere uno stupido buongiorno ancora prima di connettere il cervello appena sveglio. 
  8. Non devi stare fino all’una di notte a mandare sms con frasi smielate che farebbero vomitare qualsiasi sano di mente mentre in realtà il tuo cervello sta dormendo da un pezzo. 
  9. Puoi guardare il portafogli e scoprire, con sopresa, che è più bello pagare solo per sè. 
  10. Puoi recuperare un rapporto sano con la natura e col mondo. Da fidanzato per te una nuvola è “un agglomerato di gocce che se cadessero sul tuo viso ti farebbero bellissima”, mentre da Single è semplicemente un nuvolone nero (cazzo sta per piovere!!). 
  11. Non hai i suoi genitori attaccati alla nuca perchè vogliono che vi fidanziate a casa… 
  12. Non sei costretto ad ascoltare un rompiscatole in più che, nell’imminenza dell’esame universitario, quando non vuoi fare un cazzo ti dice: “Amore devi studiare”. Tu vorresti tanto dirle: “Ma vaffanculo e fattele tu 1000 pagine!!!” e invece sei costretto a dire: “Hai ragione amore, ora mi metto!”. Poi puntualmente, dopo due secondi, stai ronfando come un ghiro in letargo!!… 
  13. Non devi subire la riattivazione del coprifuoco che i tuoi genitori hanno soppresso anni fa… 
  14. Non sei costretto ad avere l’incazzatura abissale, con annessa fortissima tentazione di lasciarla a casa, quando arrivi in perfetto orario (anzi 5 minuti prima) e lei ti fa aspettare mezz’ora sotto casa come un coglione mentre ti iberni in macchina perchè la temperatura sta a 10 gradi sotto lo zero… 
  15. Puoi fare ritardo quando esci senza che per tutta la sera ci sia una vocina fastidiosissima all’orecchio che ti dice: “Vedi?! Poi sono io che arrivo in ritardo!!”… 
  16. Non devi scervellarti per scegliere che regali farle… 
  17. Puoi guardare liberamente una bella figa senza che, dentro di te, si attivi il dispositivo beghelli del senso di colpa che lei ti ha impiantato a tradimento col primo bacio… 
  18. Non sei costretto a guardare cose immonde come “Twilight” (con annesse amiche che sbavano dietro all’attore più figo di te guardandoti come una merda e facendo battutine idiote) e, usciti dal cinema, quando vorresti gridare al mondo che hai I NERVI A PEZZI devi anche dire: “Amore com’era bello il film”… 
  19. Non sei costretto a sederti accanto a lei se, ad una riunione o incontro, arrivi in ritardo e conseguentemente non devi giustificarti se lei, tornando a casa, come da copione, inizia a farti: “Amore, ma non volevi stare accanto a me? Che succede? Non mi ami più? Perchè? Non ti piaccio più come prima? Ti ha dato fastidio qualcosa?” “NO, TESTA DI CA**O, SONO ARRIVATO 5 MINUTI DOPO E NON VOLEVO SCOMODARE MEZZA STANZA”… 
  20. Uomo single - casalingoNon devi andare dal fiorario nelle occasioni speciali e uscendo, pensare con mestizia che quei 20 euro che hai in mano sottoforma di fiori, dopo 5 giorni finiranno nell’immondizia… 
  21. Se esci con gli amici e lei non c’è, non sei costretto ad estraniarti dal mondo stando tutta la sera col cellulare in mano… 
  22. Puoi passare le giornate senza lavorare e senza studiare senza che nessuno ti rompa, ma soprattutto senza che nessuno lo sappia… 
  23. Non sei costretto ad ascoltare le sue seghe mentali e le sue paranoie e puoi constatare liberamente che è più semplice seguire la dimostrazione di un teorema a livello universitario che i suoi ragionamenti… 
  24. Non sei costretto a fare la faccia triste se per caso una sera si sente triste. Proprio in quella serata in cui tu ti senti addosso quella stranissima quanto inspiegabile allegria… 
  25. Non sei costretto a sentire cose del tipo: “Quando c’è un altro ragazzo accanto a me tu non ti incazzi, quindi non sei geloso, quindi non mi ami abbastanza”. Come se i ragazzi fidanzati andassero in giro come Bruce Willis col fucile in mano pronti a sparate il primo che supera la linea di confine… 
  26. Nei viaggi in pullman puoi tranquillamente occupare i due sedili stiracchiandoti come ti pare senza che ci sia qualcuno che vuole mettere la sua testa sulle tue spalle e tu devi stare immobile se no si sveglia… 
  27. Puoi cominciare a mettere da parte qualche centesimo e iniziare a farti qualche regalo… 
  28. Non devi sorbirti quelle noiosissime feste di compleanno dei suoi amici che non hai mai visto nè mai rivedrai in vita tua, in cui vorresti solo una branda e un cuscino… 
  29. Non sei costretto a sentire frasi che fanno accapponare la pelle, del tipo: “Guarda amore che bello quel bambino. Quanto ne vorrei uno…” e dover fermare le tue mani che vorrebbero strangolarla… 
  30. Non sei costretto a fare le telecronache delle tue giornate via sms… 
  31. Puoi condividere su facebook la foto di una bella figa e ricevere commenti di approvazione da parte dei tuoi amici oppure i saluti di una nuova amica sulla tua bacheca, senza vederti rovinata la serata a discuterne e giustificarti ore con lei 
  32. Puoi guardare lo schermo del cellulare e con somma indifferenza vedere che non ci sono messaggi… 
  33. Puoi finalmente avere un hobby idiota senza sentirti dire da nessuno che è un hobby idiota… 
  34. Puoi finalmente fare i 130/h senza che al tuo arrivo inizi la predica: “Come mai ci hai messo così poco? Hai corso vero? Te l’ho detto che non devi correre? Ma che fai?”, mentre il tuo cervello sta per regalarle un biglietto sola andata per un bel Vaffancul tuor… 
  35. Se una sera sei depresso, puoi dedicarti ai tuoi antidepressivi preferiti (Nutella d’inverno e gelato d’estate) senza che lei tiri fuori, dalla borsa di Mery Poppins che si ritrova, le tabelle coi valori nutrizionali… 
  36. Non sei costretto a descrivere le tue ex nei minimi particolari e a trovare le differenze che la rendono migliore rispetto alle altre. Per i tuoi amici le tue ex ritentano tutte nella grande categoria dello spirito intitolata “Grandissime teste di cazzo”… 
  37. Puoi vestirti come ti pare senza che partano i commenti del tipo: “Amore, ma che hai fatto… Quel maglione e quella camicia insieme non si possono vedere. Ma non vedi che il blu celestiaco cobaltato del cappotto proprio non va col verdino pisello con punta di bianco del golf”… 
  38. Non sei costretto a guardarla attentamente ogni volta perchè altrimenti si incazza se non ti accorgi che si è tagliata i capelli di 5 centimetri o che ha cambiato montatura di occhiali… 
  39. La batteria del tuo cellulare potrà finalmente rilassarsi e tornare ad essere ricaricata una volta alla settimana e non una volta al giorno… 
  40. Puoi ricominciare finalmente a riconnettere il cervello alla bocca, senza dover mediare i tuoi pensieri per renderli più accettabili. SE HAI LE SCATOLE GIRATE PUOI DIRLO APERTAMENTE!

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Amore… cinico


Giuseppe per l’amore cinico

#392

 

Rosa – Patrizio Sandrelli

Rosa - Patrizio Sandrelli

Rosa – Patrizio Sandrelli

 Rosa - Patrizio Sandrelli


Come Indiana Jones vado a scavare nella musica italiana anni 70. Molti dicono, forse a ragione, che era musica trash, ma cosa posso farci se ogni volta che ascolto qualche nota di queste canzoncine mi si scioglie il cuore. Attenzione queste canzoncine cominciavano a rompere una società bigotta e legata a tabù religiosi indistruttibili, cantare di queste cose era rivoluzionario, adesso ci fa sorridere un po’ ma bisogna sempre tener conto del contesto.  Musica assolutamente vietata dalla Rai, veniva trasmessa solo dalle radio libere che nascevano e forse devono proprio a queste musichette di rottura il loro successo o perlomeno i primi passi. Sandrelli fa parte di quella schiera di cantautori degli anni settanta considerati (a torto) “minori”. Certo, tanto spazio non potevano averlo se davanti a loro c’erano i vari Battisti, Baglioni, Cocciante, Venditti, De Gregori, Dalla etc.  E infatti è sparito completamente ma “Rosa” nell’estate del 75 fu un successone

horsefly


Patrizio Sandrelli (Roma, 17 marzo 1950) è un cantautore italiano.

Scoperto dal produttore Franco Labriola, debutta nel 1971 con il singolo Trinity stand tall sotto lo pseudonimo di Gene Roman. Questa canzone era il tema del film …continuavano a chiamarlo Trinità.
Nel 1972 con lo stesso pseudonimo incide “Don’t lose control” tema principale del film …E poi lo chiamarono il Magnifico (ambedue le canzoni composte da Guido e Maurizio De Angelis – Oliver Onions).
Nel 1973 arriva il primo album chiamato semplicemente Patrizio Sandrelli.
Nel 1975 arriva quello che sarà il suo successo maggiore, il singolo Fratello in amore. Dello stesso anno è un altro discreto successo, Rosa.
Nel 1976 ha partecipato al Festival di Sanremo con Piccola donna addio che raggiunge il quattordicesimo posto in classifica; dello stesso anno è Piccolo fiore nero.
E sempre in quell’anno ripropone Fratello in amore, ma in inglese e col titolo Brother in love dedicandolo al giovanissimo attore Alessandro Momo scomparso nel 1974.
La sua ultima presenza in classifica in Italia è nel 1978 con Lisa, dopo di che scompare dalle scene.
Rosa - Patrizio Sandrelli Rosa - Patrizio Sandrelli Rosa - Patrizio Sandrelli

Giuseppe per gli anni 70

#376

 

Anni 80

Gli anni 80

Sei figlio/a degli anni ’80 se:

 Gli anni 80
1) almeno una volta nella vita ti sei chiesto cosa fosse di preciso un “razzomissile” e come funzionassero i “circuiti di mille valvole”
2) almeno per una volta ti sei chiesto per quale misteriosa legge fisica, Mimì riuscisse a far scomparire il pallone e a farlo riapparire a cazzo sul campo di pallavolo… e sempre rigorosamente dentro la linea.
3) ti sei chiesto almeno una volta quanto fosse alta la rete del suddetto campo.
4) o quanto fosse lungo il campo di Holly & Benji dal momento che si vedeva la linea dell’orizzonte.
5) ti ricordi di Licia Colò che, al posto di parlar con gli orsi bianchi, parlava coi cani rosa.
6) ti ricordi di quando Gerry Scotti era ancora un dj.
7) hai ballato almeno una volta Reality (del tempo delle mele) a distanza di sicurezza e sotto la sorveglianza di insegnante o genitore che sia. Magari con una scopa in mano.
8) ti sei incazzato almeno una volta perché tua madre non ti ha comprato l’Allegro Chirurgo.
9) ricordi quando le Barbie non subivano ancora mutazioni genetiche bagnandole con l’acqua calda o fredda.
10) ti ricordi di giocattoli geniali come il Forno Harbert, la Macchina per lo zucchero filato Harbert, la Gelatiera Harbert, la Macchina dei popcorn Harbert…
11) il tuo idolo a colazione era un malato di mente romanista con il fantasioso nome di Mago Galbusera.
12) a furia di biscottini del Malato di Mente Galbusera anche casa tua sembrava un covo romanista: a colazione indossavi una tuta rossa e gialla, prendevi i biscotti da una biscottiera rossa e
gialla, li inzuppavi nel latte in una tazzona da 3 litri rossa e gialla…
13) non sei mai riuscito a completare il Cubo di Rubik.
14) baravi staccando le etichette colorate del Cubo di Rubik.
15) baravi staccando i cubetti del Cubo di Rubik perchè le etichette non si incollavano più.
16) ti ricordi quando le sorpresine non erano dentro gli ovetti, ma nelle merendine. E non si collezionavano. Si perdevano.

17) ti ricordi quando al piccolo Mugnaio Bianco Clementina (comprensibilmente) dava il due di picche (Sarà per via delle dimensioni? Una generazione di uomini con l’incubo delle misure per colpa dei pubblicitari?).
18) ti ricordi quando a scuola si spacciavano le gomme profumate.
19) ogni volta che pigli un traghetto ti viene in mente Gopher e ti metti sul ponte a canticchiare: “Mare profumo di mareeee… con l’amore io voglio giocareeee…”
20) hai creduto almeno una volta in vita tua che i Righeira fossero davvero fratelli.
21) ti ricordi quando Paolo Rossi era ancora il nome di un calciatore.
22) ti ricordi quando il Milan era in serie B e l’Inter vinceva ancora gli scudetti.
23) ed infine… sei in grado di completare la seguente frase: “…arriva presto, finisce presto e di solito non pulisce il…”

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Giuseppe per gli anni 80

#352

Anni 90

Quanto hanno influito gli anni '90

Quanto hanno influito gli anni ’90

 Quanto hanno influito gli anni '90

Motorola Startac

01. Cerchi di inserire la password per far funzionare il microonde.

02. Non fai un solitario con carte vere da anni.

03. Chiedi via e-mail ai tuoi colleghi nel tavolo di fianco se vogliono  andare albar, e loro rispondono via mail “ok, dammi cinque minuti”.

04. Hai una lista di 15 numeri diversi per chiamare la tua famiglia composta da 3 persone.

05. Chatti varie volte al giorno con uno che vive in Sud America, ma quest’anno non hai mai parlato col tuo vicino di casa.

06. Compri un computer e la settimana dopo è obsoleto.

07. Il motivo per cui perdi di vista gli amici è che non hanno un  indirizzo e-mail.

08. Chiami le Poste Italiane “snail mail”.

09. Per te essere organizzato significa avere post-it colorati.

Nintendo

10. La maggior parte delle barzellette che conosci le hai lette via  e-mail.

11. Quando vai a casa dopo una lunga giornata di lavoro, rispondi al telefono dicendo il nome della ditta.

12. Quando fai telefonate da casa, per sbaglio premi 0 per prendere linea e telefoni alle Bermuda.

13. Sei seduto alla stessa scrivania da 4 anni, e hai lavorato per tre ditte diverse.

14. La targa della ditta è attaccata col velcro.

15. La peggiore cosa di un crash del computer è la perdita delle tue barzellette migliori.

 

ciucciotti

16. E’ buio quando vai al lavoro e quando vai a casa, anche in estate.

17. Sai esattamente il numero di giorni che mancano alla pensione, fino al prossimo cambio di legislazione.

18. Vedi una persona ben vestita e distinta, e capisci che è un visitatore.

19. Il buffet dei meeting è la tua dieta abituale.

20. Essere ammalati significa non poter camminare o essere all’ospedale.

21. “Ferie” è qualcosa che rimandi all’anno prossimo, o un assegno che prendi in gennaio.

22. I tuoi genitori ti descrivono come “uno che lavora coi computer”.

23. Il motivo per cui riconosci i tuoi figli è che hai la loro foto sul desktop.

24. Hai letto questo elenco continuando ad annuire.

25. Stai pensando di “forwardare” ad altri questo elenco.


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Noi che… sportivo
Noi che….. I suoni, i colori, le emozioni degli anni andati
Anni 80
Anni 90


Giuseppe (anche) per gli anni 90 

#351

 

Umberto Napolitano – 1970-2011

Umberto Napolitano

Umberto Napolitano

 1970-2011

 Umberto Napolitano

Umberto Napolitano – 1970 – Come Ti Chiami


Umberto Napolitano – 2011 – Volerò


Umberto Napolitano
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Umberto NapolitanoNato a Brescia nel 1947, si trasferisce con la famiglia a Torino, dove inizia a studiare musica con il maestro Adriano De Grandis; nel frattempo inizia a comporre le prime canzoni, e fa il suo debutto come cantante nel primo cabaret di Milano, il vecchio Nebbia Club di Franco Nebbia, a metà degli anni ‘60.

Ottenuto un contratto con la Vedette, dopo un primo 45 giri pubblicato nel 1964 con un brano scritto da Gian Pieretti, la sua vera carriera di cantautore inizia nel 1966 con la canzone di protesta “Chitarre contro la guerra”, incisa anche da Carmen Villani; l’anno seguente partecipa al Festival di Sanremo come autore, con Il cammino di ogni speranza, proposta da Caterina Caselli e Sonny & Cher, e ad Un disco per l’estate come interprete di Gioventù, che ottiene anch’essa un buon successo di vendite.

Nel 1969, con A Laura, è finalista del programma televisivo Settevoci, presentato da Pippo Baudo.

Le prime incisioni le realizza usando il solo nome di battesimo, Umberto.

Negli anni seguenti si dedica soprattutto alla carriera di autore: ricordiamo Senza discutere per I Nomadi e Meglio libera per Loredana Berté.

Riprende a metà anni settanta l’attività di cantante, e partecipa alla Mostra Internazionale di Musica Leggera nel 1976 con Oggi settembre 26, e al Festival di Sanremo tre volte: nel 1977 con Con te ci sto, nel 1979 con Bimba mia e nel 1981 con Mille volte ti amo.

Con Amiamoci partecipa al Festivalbar 1978.

Il suo maggior successo di vendite si ha nel 1977 con Come ti chiami, canzone trasmessa spesso dalle radio libere, che era impostato con un dialogo fra il cantante ed una ragazza (Come ti chiami? Antonella Che bel nome, io Paolo….); a volte scherzosamente il disco veniva trasmesso a velocità 33 giri invece di 45, ed il dialogo si trasformava in maniera divertente….(la canzone è stata ripresa nel 2007 dallo zoo di 105)

Dal 1982 al 1989 ci fu un rallentamento dell’attività artistica. Nel 1989 uscì un nuovo album: Al mio caro pianeta terra… dieci piccole grandi storie, inciso per l’etichetta Nar. Nel 1998 è uscita una sua raccolta di successi, reinterpretati, pubblicato dalla DvMore. Il suo album di maggior successo è stato Giro di “do” una canzone per ogni innamorato, del 1977.


Spesso ho parlato e postato articoli della musica degli anni 70, la mia musica, la soundtrack della mia vita. Qualche giorno fa su facebook ho stretto amicizia con Umberto Napolitano, un grande degli anni 70. Tante delle sue canzoni hanno fatto da tappetino musicale ai miei amori, alle mie serate estive dei fantastici anni 70. Sono passati tanti anni, ed ho scoperto che Umberto ancora produce musica, non potevo non condividerla con voi. Il secondo video è di un Umberto Napolitano del 2011, che ha ancora la zampata del vecchio leone, il primo invece è quello a me più caro, troppi amori volatili ho condiviso con quel brano. Un grande in bocca al lupo per Umberto Napolitano e un pensiero nostalgico a quel periodo. Grazie Umberto, anche per merito tuo è stato tutto più easy. :)
P.S: questo è il link facebook di Umberto Napolitano.
horsefly

Giuseppe ancora e sempre per gli anni 70

#751

 

Scuola pubblica o privata?

Piero Calamandrei, 1950: Una profezia agghiacciante sulla scuola pubblica

Piero Calamandrei, 1950: 

Una profezia agghiacciante sulla scuola pubblica

 Piero Calamandrei, 1950: Una profezia agghiacciante sulla scuola pubblica
Quando la scuola pubblica è cosa forte e sicura, allora, ma allora soltanto, la scuola privata non è pericolosa. Allora, ma allora soltanto, la scuola privata può essere un bene. Può essere un bene che forze private, iniziative pedagogiche di classi, di gruppi religiosi, di gruppi politici, di filosofie, di correnti culturali, cooperino con lo Stato ad allargare, a stimolare, e a rinnovare con varietà di tentativi la cultura. Al diritto della famiglia, che è consacrato in un altro articolo della Costituzione, nell’articolo 30, di istruire e di educare i figli, corrisponde questa opportunità che deve essere data alle famiglie di far frequentare ai loro figlioli scuole di loro gradimento e quindi di permettere la istituzione di scuole che meglio corrispondano con certe garanzie che ora vedremo alle preferenze politiche, religiose, culturali di quella famiglia. Ma rendiamoci ben conto che mentre la scuola pubblica è espressione di unità, di coesione, di uguaglianza civica, la scuola privata è espressione di varietà, che può voler dire eterogeneità di correnti decentratrici, che lo Stato deve impedire che divengano correnti disgregatrici. La scuola privata, in altre parole, non è creata per questo.La scuola della Repubblica, la scuola dello Stato, non è la scuola di una filosofia, di una religione, di un partito, di una setta. Quindi, perché le scuole private sorgendo possano essere un bene e non un pericolo, occorre: 
- che lo Stato le sorvegli e le controlli e che sia neutrale, imparziale tra esse. Che non favorisca un gruppo di scuole private a danno di altre.
- che le scuole private corrispondano a certi requisiti minimi di serietà di organizzazione.
Solamente in questo modo e in altri più precisi, che tra poco dirò, si può avere il vantaggio della coesistenza della scuola pubblica con la scuola privata. La gara cioè tra le scuole statali e le private. Che si stabilisca una gara tra le scuole pubbliche e le scuole private, in modo che lo Stato da queste scuole private che sorgono, e che eventualmente possono portare idee e realizzazioni che finora nelle scuole pubbliche non c’erano, si senta stimolato a far meglio, a rendere, se mi sia permessa l’espressione, “più ottime” le proprie scuole. Stimolo dunque deve essere la scuola privata allo Stato, non motivo di abdicazione. Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c’è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime.
Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. 

Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto:
- rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni.
- attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette.
- dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico!
Quest’ultimo è il metodo più pericoloso. » la fase più pericolosa di tutta l’operazione […]. Questo dunque è il punto, è il punto più pericoloso del metodo. Denaro di tutti i cittadini, di tutti i contribuenti, di tutti i credenti nelle diverse religioni, di tutti gli appartenenti ai diversi partiti, che invece viene destinato ad alimentare le scuole di una sola religione, di una sola setta, di un solo partito […].
Per prevedere questo pericolo, non ci voleva molta furberia. Durante la Costituente, a prevenirlo nell’art. 33 della Costituzione fu messa questa disposizione: “Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza onere per lo Stato”. Come sapete questa formula nacque da un compromesso; e come tutte le formule nate da compromessi, offre il destro, oggi, ad interpretazioni sofistiche […]. Ma poi c’è un’altra questione che è venuta fuori, che dovrebbe permettere di raggirare la legge. Si tratta di ciò che noi giuristi chiamiamo la “frode alla legge”, che è quel quid che i clienti chiedono ai causidici di pochi scrupoli, ai quali il cliente si rivolge per sapere come può violare la legge figurando di osservarla […]. E venuta cos” fuori l’idea dell’assegno familiare, dell’assegno familiare scolastico.
Il ministro dell’Istruzione al Congresso Internazionale degli Istituti Familiari, disse: la scuola privata deve servire a “stimolare” al massimo le spese non statali per l’insegnamento, ma non bisogna escludere che anche lo Stato dia sussidi alle scuole private. Però aggiunse: pensate, se un padre vuol mandare il suo figliolo alla scuola privata, bisogna che paghi tasse. E questo padre è un cittadino che ha già pagato come contribuente la sua tassa per partecipare alla spesa che lo Stato eroga per le scuole pubbliche. Dunque questo povero padre deve pagare due volte la tassa. Allora a questo benemerito cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, per sollevarlo da questo doppio onere, si dà un assegno familiare. Chi vuol mandare un suo figlio alla scuola privata, si rivolge quindi allo Stato ed ha un sussidio, un assegno […].
Il mandare il proprio figlio alla scuola privata è un diritto, lo dice la Costituzione, ma è un diritto il farselo pagare? » un diritto che uno, se vuole, lo esercita, ma a proprie spese. Il cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, se la paghi, se no lo mandi alla scuola pubblica.
Per portare un paragone, nel campo della giustizia si potrebbe fare un discorso simile. Voi sapete come per ottenere giustizia ci sono i giudici pubblici; peraltro i cittadini, hanno diritto di fare decidere le loro controversie anche dagli arbitri. Ma l’arbitrato costa caro, spesso costa centinaia di migliaia di lire. Eppure non è mai venuto in mente a un cittadino, che preferisca ai giudici pubblici l’arbitrato, di rivolgersi allo Stato per chiedergli un sussidio allo scopo di pagarsi gli arbitri! […]. Dunque questo giuoco degli assegni familiari sarebbe, se fosse adottato, una specie di incitamento pagato a disertare le scuole dello Stato e quindi un modo indiretto di favorire certe scuole, un premio per chi manda i figli in certe scuole private dove si fabbricano non i cittadini e neanche i credenti in una certa religione, che può essere cosa rispettabile, ma si fabbricano gli elettori di un certo partito“.

Piero Calamandrei, 1950


Giuseppe per la scuola

#285

Cugini Di Campagna – Preghiera

Preghiera - Cugini Di Campagna  (Una storia tristissima)

Preghiera – Cugini Di Campagna

(Una storia tristissima)

Preghiera - Cugini Di Campagna  (Una storia tristissima)


In un  post avevo scritto che non avrei postato niente dei Cugini di Campagna, perché è ancora un gruppo conosciutissimo degli anni 70 e la canzone “Anima Mia” forse è la traccia più conosciuta di quel periodo, tant’è vero che Fabio  Fazio l’ha utilizzata come titolo per una trasmissione che celebrava gli anni 70 qualche anno fa. Perché ho cambiato idea? Sollecitato da una mia amica (Sim64) di postare almeno “preghiera” mi è venuto in mente che qualche anno fa avevo letto la storia di quella canzone ed era una storia tragica, molto shakespeariana, la ricordavo, l’ho cercata e ve la posto qui senza nessun commento. 

horsefly


In questa pagina è riportato l’articolo di giornale, risalente al 1975, che racconta di una sfortunata storia d’amore di due adolescenti di Sassari, e che ha ispirato la canzone Preghiera. A questo segue la lettera di ringraziamento scritta dalla mamma della ragazza ai Cugini di Campagna, un ricordo al quale essi sono molto affezionati. Per motivi di riservatezza sono state riportate solamente le iniziali dei nomi citati.

ECCO COME A 18 ANNI SI PUO’ ANCORA MORIRE D’AMORE

A diciott’anni E. è morto per amore. Questo, però, la folla che si è accalcata, la mattina di lunedì 18 Agosto, sotto l’alto ponte del Rasello per soddisfare la curiosità morbosa di vedere da vicino i resti di un suicida, non lo sapeva. Per loro quel mucchietto di vestiti, di ossa e di carne, era soltanto “uno che si è buttato da trenta metri”. Orrore, pietà, la parola “follia”, serpeggiavano tra vecchi e giovani, tra padri e madri con i figlioletti in braccio e il collo proteso per guardare.

La verità è venuta dalla lettera che i poliziotti hanno trovato in tasca dei calzoni del ragazzo. E. l’aveva scritta verso mezzanotte: pochi minuti prima di buttarsi oltre la balaustra del ponte che unisce la Sassari vecchia alla nuova. In essa non c’erano scuse. Soltanto un addio a tutti “perchè senza J. la mia vita non ha più senso”.

J., la fidanzatina quindicenne di E., era spirata alcune ore prima, a metà mattina di domenica, nell’ospedale sassarese, stroncata da un male inesorabile, la leucemia. Il ragazzo non è stato capace di sopravviverle. E non si può dire che la sua decisione sia maturata in un momento di sconforto. E’ venuta, invece, purtroppo, dopo un logorante calvario durato dieci giorni, quanti ne sono passati tra le prime avvisaglie del male e la morte di J.

Dieci giorni e dieci notti di agonia che i due giovani hanno condiviso. Lei preda della malattia, lui pervaso ogni ora di più dalla disperazione di non poter fare nulla per salvarla, di vedere dissolversi, istante dopo istante, la felicità che avevano scoperto e assaporato soltanto da pochi mesi.

E. e J. si erano innamorati in primavera. Si trattava per entrambi di quel primo amore che, nonostante la rivoluzione sessuale e gli stress del modo di vivere odierno, ognuno di noi si porta chiuso dentro per tutta la vita, delicato miscuglio di dolce orgoglio, di tenerezza e di piacere.

Presi da questo sentimento esaltante, E. e J. si sono avvicinati, ma con una delicatezza e una serietà davvero d’altri tempi. “Per tutti e due era una cosa seria”, sono concordi nell’affermare gli amici di lui. “Non che parlassero di matrimonio, però tra loro non c’erano quelle “crisi” tipiche delle cottarelle che durano solo qualche mese e poi chi s’è visto s’è visto”, dice una compagna di J.

“Li univa qualcosa di tranqulli e profondo. Non so trovare le parole giuste: ma J. era felice e serena”, spiega un’altra.

Assieme, dunque, E. e J. formavano una coppia affiatata e serena, al riparo dai velleitarismi così comuni a troppi loro coetanei per i quali amore e sesso fanno subito tutt’uno. In comune i due ragazzi avevano anche un particolare interesse: facevano parte di un’associazione scoutistica alla quale si dedicavano con grande entusiasmo.

Erano stati perciò doppiamente felici quando, alla fine di luglio, erano partiti con le loro squadre di giovani esploratori per il campo-raduno di Montepisanu, presso Bono, a un centinaio di chilometri da Sassari. Era un’occasione per vedersi più spesso, per assolvere uno accanto all’altra le incombenze della giornata. Quasi uno spensierato preambolo a quella che sarebbe stata la loro futura vita coniugale. Un sogno a occhi aperti nel quale era naturale giurarsi amore eterno e immergersi in una felicità che nulla sembrava poter scalfire.

La serietà delle intenzioni di entrambi è fuori discussione: un sacerdote vicino a E. e a J. ce l’ha confermato. “Niente di ufficiale per il momento; il ragazzo si sarebbe diplomato geometra l’anno prossimo: J. frequentava il secondo anno del liceo scientifico”, dice il nostro interlocutore. “Erano giovani e per sposarsi potevano tranquillamente aspettare che lui finisse l’università e trovasse una buona sistemazione. Volevano fare le cose con calma e com’è giusto. Invece…”

Invece, dopo una decina di giorni di campeggio, J. ha cominciato ad accusare malesseri e il suo stato di salute si è andato rapidamente aggravando. Tanto che il medico curante ne ha ordinato il ricovero in ospedale per una serie di analisi. Il responso degli esami clinici è stata una sentenza inappellabile: leucemia, il “cancro del sangue” che distrugge i globuli rossi e contro il quale la medicina non ha ancora trovato armi valide. Anche le trasfusioni di sangue, in moltissimi casi, sono soltanto un palliativo.

Per E. quella notizia ha rappresentato il passaggio da un sogno esaltante al peggiore degli incubi. Dapprima incredulo, poi sempre più disperato, si è trovato nella mente l’assillo di una domanda esasperante, che mai trova una risposta: “Perchè doveva capitare proprio a noi? Che cos’ha fatto J., che cosa ho fatto io, per meritarci una punizione simile?”. I rari sprazzi di speranza sono destinati a durare soltanto poche ore. I ricordi di felicità goduta fino a pochi giorni prima, adesso sono motivo di dolore per quanto egli sa ormai perduto e irripetibile.

E. si chiudeva ogni giorno di più in se stesso”, racconta uno dei suoi migliori amici. “Era diventato cupo e a nulla servivano le parole di conforto mie e degli altri. Ogni volta che lasciava l’ospedale appariva più abbattuto. Era come se quel male terribile avesse preso anche lui”.

Quattro giorni prima della morte di J., quando ormai i medici avevano tolto ogni speranza, E. era andato a parlare con un sacerdote, don D., della parrocchia di San Giuseppe, per chiedergli conforto. “Se J. muore non voglio più vivere”, aveva detto al religioso. Questi aveva fatto ricorso a tutta la sua forza di persuasione ricordando al giovane i suoi doveri di cristiano e di uomo, che Dio ci sottopone a prove durissime e che non sta a noi giudicare, che la vera vita non è su questa terra e così via, proponendogli il conforto della fede e della preghiera.

Fosse stato meno innamorato, meno giovane, meno idealista, E. forse avrebbe compreso e si sarebbe fatto una ragione del dramma che stava vivendo. Invece, quando la mattina della domenica seguente ha visto spirare J., è corso fuori dall’ospedale gridando: “La seguirò nella tomba”.

Ai presenti, ed era naturale, è sembrato che si trattasse di una frase pronunciata nel momento del dolore più grande, che la solitudine di alcune ore sarebbe stata la cura migliore. Per questo, soltanto a sera, non vedendolo rientrare, i parenti hanno incominciato a preoccuparsi seriamente. E’ stato diramato l’allarme e sono iniziate le ricerche. Per tutta la notte parenti e amici hanno setacciato le vie di Sassari alla ricerca del ragazzo. Inutilmente.

Soltanto l’indomani mattina un giovane ha visto un corpo sfracellato in un orto sotto l’arcata centrale dell’altissimo ponte del Rasello e ha avvertito la polizia. Tra una folla indisponente di curiosi in cerca di macabre sensazioni, un fratello e due sorelle di E. hanno ricunosciuto ufficialmente il cadavere e hanno letto la lettera con la quale il ragazzo ha detto addio a tutti.

“Perchè senza J. la mia vita non ha più senso”. Cambiate il nome e potrebbe averla scritta il Romeo di Shakespeare.


Gentilissimo complesso,

sono la mamma di J., la ragazza morta a Sassari il 17 Agosto affetta da leucemia, e nella stessa sera E. si buttò dal ponte per amore di mia figlia.

Molti ragazzi dei boy-scout mi dicono che voi avete scritto e musicato la canzone Preghiera dedicata ai nostri ragazzi, mi complimento con voi, è molto bella, è come mia figlia era. Ed E. ha veramente implorato il Signore, ciò che voi con le vostre parole e musica dite. Ve ne sono molto grata di quanto avete scritto e continuate a dire verso i nostri angeli, che sicuramente dall’alto per il breve cammino secondo quanto ha scritto sulla nostra esistenza terrena il buon Dio.
Vorrei da voi un conferma, cercate di capire due mamme.
Vorrei dilungarmi tanto, dandovi tante benedizioni, ma credetemi la commozione mi ha vinta.
L’angelo di J. e di E. vi protegga per tutta la vita.
Vi abbraccio tutti con tanto tanto amore come se voi foste i mei ragazzi.

M.


Giuseppe per le tragedie d’amore.

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