Michela Murgia – Accabadora

Libri

Michela Murgia – Accabadora

(Vincitore Premio Campiello 2010 – XLVIII Edizione)

 Penna

 Michela Murgia - Accabadora   (Vincitore Premio Campiello 2010 - XLVIII Edizione)Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero  che a Soreni si fa fatica a comprendere. Lavecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come “l’ultima”. Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. “Tutt’a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili’e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia”. Eppure c’è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c’è un’aura misteriosa che l’accompagna, insieme a quell’ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell’accabadora, l’ultima madre.

Tratto da IBS.IT


Michela Murgia è nata a Cabras nel 1972. Nel 2006 ha pubblicato con Isbn Il mondo deve sapere, il diario tragicomico di un mese di lavoro che ha ispirato il film di Paolo Virzì, Tutta la vita davanti. Per Einaudi ha pubblicato nel 2008 Viaggio in Sardegna. Undici percorsi nell’isola che non si vede e nel 2009 il romanzo Accabadora.


Michela MurgiaLeggere questo libro e precipitare nella propria nfanzia. Per fortuna anch’io sono nato in un piccolo paese, di una realtà rurale carica di significati antropologicamente alti.  Sono stato l’ultimo – forse – a vedere le ampie gonne plissettate delle vecchie del paese o almeno di una delle mie nonne, l’altra era troppo avanti per rimanere schiava di tradizioni che stavano inesorabilmente tramontando. L’ultimo che ancora sentiva aleggiare nei discorsi degli adulti di fatti che non erano di questo mondo, un contatto diretto con l’aldilà o con il soprannaturale. La morte che, come un avvenimento ineluttabile, veniva esorcizzato in vari modi. E’ strano, la morte era un avvenimento molto famigliare e compreso dai più, ma aveva sempre una manifestazione tragica quando avveniva. Non ho mai visto le “piangine” di professione, ma era la rete di conoscenze sociale che sopperiva e l’impianto della commedia greca era sempre presente con il coro tragico.  

Realtà rurale periferica quindi anche tanta povertà. L’istituto del “Fillus de animaera presente anche dalle mie parti solo che si chiamava “figl’n’sant”. Un affido ante-litteram, che sopperiva le carenze di uno stato sociale ancora molto debole. E tutto era naturale. La famiglia, di solito operaia o contadina poverissima, affidava uno dei suoi tanti figli ad un parente ricco, un notabile o semplicemente un benestante, che lo cresceva come suo senza però estirparlo dal nucleo di provenienza. Forse era semplicemente buon senso, cosa che sembra mancare in questo periodo per quanto riguarda l’affido o l’adozione.

E l’eutanasia? Argomento troppo delicato da affrontare, troppo legato alle singole coscienze, la verità assoluta sull’argomento non esiste.

horsefly


Giuseppe per la lettura… sarda.

#266

Paolo Giordano – La solitudine dei numeri primi

Penna

La solitudine dei numeri primi

Paolo Giordano

 

 Libri

Il romanzo racconta la storia di due persone, entrambe torinesi, Alice Della Rocca e Mattia Balossino, le cui vitePaolo Giordano - La solitudine dei numeri primi vengono gravemente segnate da vicende accadute nella loro infanzia. Sebbene Torino non sia mai menzionata in modo esplicito, vengono fatti riferimenti alla chiesa della Gran Madre, dove si svolge il matrimonio di Viola Bai, ed alla basilica di Superga.

Alice viene presentata come una bambina di sette anni che pur odiando la scuola di sci e non mostrando alcuna attitudine particolare per questo sport, viene costretta a frequentarne un corso dal padre, che nutre grandi aspettative nei suoi confronti. Una mattina, Alice si separa dal resto del gruppo e, nel tentativo di tornare a valle, finisce in un dirupo rimanendo gravemente ferita. La ragazza rimarrà zoppa per il resto della vita.

Mattia è un bambino dotato ed intelligentissimo, al contrario della gemella Michela che invece è affetta da una forma di ritardo mentale. Isolato dal resto dei coetanei per via della sua “scomoda” sorella, Mattia vive la propria infanzia in solitudine. Poi, un giorno, per poter partecipare alla festa di compleanno di un compagno di classe, lascia la sorella in un parco, pensando di andarla a riprendere più tardi. Ma al suo ritorno Michela è scomparsa, probabilmente annegata in un fiume vicino.

Questi avvenimenti segnano profondamente la vita dei due ragazzi. Il racconto si sposta nel periodo della loro adolescenza: Alice soffre di anoressia ed è snobbata dai ragazzi per la zoppia. Con una vita sociale pressoché nulla, Alice attira l’attenzione di Viola Bai, compagna di classe molto popolare, che decide di ammetterla nel proprio giro di amicizie. Grazie all’incoraggiamento di Viola, Alice conosce Mattia. Quest’ultimo è un ragazzo problematico: non ha alcun interesse nelle interazioni sociali e ha una malsana attitudine all’autolesionismo.

Alba Rohrwacher: Alice Della Rocca Luca Marinelli: Mattia BalossinoAlice e Mattia stringono un’amicizia particolare: ognuno svolge la propria esistenza autonomamente, ma ogni volta tornano a cercarsi. Continuano a frequentarsi anche dopo il liceo, quando Mattia si iscrive a matematica e Alice sviluppa la propria passione per la fotografia. Nel frattempo, Fernanda, la madre di Alice, si ammala di un tumore e viene fatta ricoverare in ospedale. Lì, Alice conoscerà Fabio Rovelli, un giovane medico. Mattia intanto consegue la laurea ed ottiene un prestigioso posto di lavoro in Scandinavia, che non sa se accettare. In questo periodo della sua vita, Mattia racconta per la prima volta ad Alice la storia di Michela, e per la prima volta i due ragazzi si scambieranno un bacio. Ciò nonostante un litigio fra Alice e Mattia convince il ragazzo a partire. Alla fine Fernanda muore ed Alice sposa Fabio, mentre Mattia vive in Scandinavia in solitudine.

Il matrimonio tra Fabio ed Alice declina lentamente: Fabio infatti vuole un figlio da Alice, ma lei, non avendo più le mestruazioni da anni per via dell’anoressia, non può restare incinta. La coppia si separa e Alice cade in depressione. Nel frattempo Mattia esercita in Scandinavia la professione di insegnante di topologia algebrica e conosce un collega, Alberto, anch’esso italiano. I due fanno un’importante scoperta che riguarda l’algebra e vanno a festeggiare a casa di Alberto. Lì, Mattia conosce una donna, Nadia, amica del collega, con cui passerà una notte di sesso. Alice decide di tornare in ospedale a chiarire il rapporto con Fabio, però vede una ragazza che somiglia molto a Mattia, e che ad Alice fa tornare in mente Michela, la gemella scomparsa. Nonostante non sia sicura di quanto ha visto, Alice decide di avvisare Mattia.

Mattia, pur non sapendo di cosa si tratti, accorre all’invito di Alice di raggiungerla e torna in Italia. Alice non trova il coraggio di raccontare a Mattia ciò che credeva di aver visto, ma i due amici passano un pomeriggio insieme e approfittando di un momento, la ragazza lo bacia, scoprendo così di essere ancora innamorata di lui. Nonostante ciò non riescono a superare il muro di solitudine che li separa, e Mattia ripartirà senza che il loro rapporto abbia avuto alcuno sviluppo.

I due ragazzi sono infatti paragonati a due numeri primi gemelli (i numeri primi che differiscono tra loro di due): accomunati dalle stesse particolarità, attratti l’uno verso l’altra, non riescono mai ad unirsi, separati da un solo invalicabile ostacolo.

Tratto da Wikipedia 


Ho appena finito di leggere il libro, dentro di me è rimasto un senso d’incompiuto. Sono di quelli che odiano i lieto fine nei romanzi o nei film, stavolta però mi è mancato. Come avrei voluto che Alice ritrovasse Michela e liberasse Mattia dai demoni che lo affliggono. Però la vita è così e non sempre c’è il lieto fine.  Ho compreso fino in fondo la solitudine di Mattia, liberarsi dei fantasmi dell’infanzia è davvero impossibile se sono di quelle dimensioni. Alice è un personaggio più complesso, come tutte le donne in genere. Il trauma che ha vissuto spiega, ma solo in parte il suo atteggiamento. Potrebbe, se solo lo volesse realmente, essere finalmente felice ma non ne ha il coraggio o meglio secondo me è preda di una pigrizia dell’anima che la tiene calda nel suo bozzolo di sofferenze. Non aggiungo altro, vi lascio alla lettura di questo libro che vi consiglio, si legge tutto d’un fiato e alla fine dentro rimangono forti emozioni. Emozioni che variano sicuramente da lettore a lettore ma di sicuro vale la pena di leggerlo. 

Giuseppe per i numeri primi gemelli

#234

 

La Solitudine dei Numeri Primi – Trailer film

La Solitudine dei Numeri Primi - Trailer film

La Solitudine dei Numeri Primi – Trailer film

 

 La Solitudine dei Numeri Primi - Trailer film

Locandina La solitudine dei numeri primi

Alice e Mattia. Coetanei a Torino. Bambini le cui coscienze sono attraversate da un trauma profondo che non li abbandonerà mai. Alice e Mattia. Si conoscono. Potrebbero amarsi. Si separano (lui accetta un incarico in Germania e lei si sposa). Potrebbero ritrovarsi se consentissero a se stessi ciò che si sono sempre in qualche modo vietati.

Saverio Costanzo alla sua terza prova si assume il non facile compito di rileggere un best seller quale è il romanzo omonimo di Paolo Giordano (con il quale scrive la sceneggiatura). Lo fa con grande coraggio a partire dal nuovo mutamento di stile. Nessuno dei tre film del regista è simile all’altro nello sguardo e nelle modalità di ripresa perché Costanzo adatta il proprio fare cinema (che resta coerente in quanto a scelta di tematiche di base) alla storia che racconta. Questo può spiazzare chi preferisce che un regista rimanga sempre fedele ad elementi linguistici che lo rendano facilmente identificabile e collocabile.

Costanzo destruttura la linearità narrativa del romanzo avvertendoci sin dall’inizio (grazie anche alla musica di Mike Patton e a una grafica di forte impatto) che ci troviamo dinanzi ad un horror. Perché l’orrore della sofferenza attraversa corpi ed anime dei due protagonisti. Alice, la cui lesione fisica verrà spiegata solo molto più avanti ma che da subito determina il suo rapporto con il mondo e Mattia, che ha un vulnus che lo tormenta nel profondo spingendolo all’autolesionismo. Due corpi che potrebbero fondersi ma che restano murati in una solitudine che si presenta come ineluttabile perché il senso di colpa e il sentirsi fuori posto (in una società sempre più spietata sin dalle età più giovani) finiscono con lo spingere a costruire muri in cui si possono aprire solo piccole brecce che sembrano sempre pronte a richiudersi. 

I flashback inseguono i flashforward perché il dolore non conosce percorsi canonici e gli eventi che hanno segnato una vita non chiedono il permesso per riemergere. Costanzo ricostruisce la sofferenza del vivere di Alice e Mattia quasi fosse il puzzle che quest’ultimo portò alla festa di compleanno di un compagno di classe che costituì l’atroce punto di non ritorno della sua vita. I pezzi di un puzzle si combinano per associazioni che ogni appassionato al gioco individua in modo diverso e finiscono con il determinare solo alla fine una struttura che origina dal caos di una miriade di pezzi. Così come le vite dei due protagonisti. Così come le vite di molti. Numeri primi divisibili solo per uno e per sé stessi in disperata e talvolta contraddittoria ricerca di una possibilità diversa.

Tratto da Mymovies


Qui la scheda del libro

La solitudine dei numeri primi – Paolo Giordano.


Giuseppe per il cinema

#256

Asa Larsson – Tempesta solare

Libri

Asa Larsson – Tempesta solare

 Asa Larsson - Tempesta solare

Asa Larsson - Tempesta solareA Kiruna, una terra avvolta nell’eterna notte polare, giace il corpo massacrato del predicatore più famoso della Svezia, morto per la seconda volta. La prima volta era stato investito da un’auto ma si era risvegliato e aveva raccontato del regno fra la vita e la morte. Diventato una star, aveva usato la sua nuova forza per riunificare tre diverse congregazioni in un’unica, potente comunità religiosa. Chiamata dalla sorella della vittima, l’avvocato Rebecka torna alla sua città natale per aiutare l’amica di gioventù, sospettata dell’omicidio. Avvolte dalla neve e dal buio dell’inverno lappone, Rebecka e l’ispettrice di polizia Anna Maria Mella, in avanzato stato di gravidanza, indagano alla ricerca del vero colpevole.

tratto da ibs.it


Åsa Larsson  (Uppsala, 28 giugno 1966) è un avvocato e scrittrice svedese.
Avvocato fiscalista di professione, esercita dal 2003 anche il mestiere di scrittrice.
La fortunata serie di gialli che l’ha resa famosa, vede protagonista un’avvocatessa, Rebecka Martinsson, incoronata da molti quale “regina del giallo scandinavo”.

Åsa Larsson (Uppsala, 28 giugno 1966) Åsa Larsson (Uppsala, 28 giugno 1966) è un avvocato e scrittrice svedese.

Avvocato fiscalista di professione, esercita dal 2003 anche il mestiere di scrittrice. La fortunata serie di gialli che l’ha resa famosa, vede protagonista un’avvocatessa, Rebecka Martinsson, incoronata da molti quale “regina del giallo scandinavo”. Il primo libro dell’autrice Tempesta Solare ha vinto nel 2003 il Premio dell’Accademia Svedese come miglior giallo d’esordio. Nel 2004, invece, il suo secondo libro Il sangue versato ha conquistato il Premio dell’Accademia di Svezia per il miglior giallo.


“Tempesta Solare ha tenuto sveglio Stieg Larsson una notte intera. Non riusciva a smettere di leggere” Sköna Hem 


Così recitava la quarta di copertina di questo noir scandinavo, comprato perchè allegato al “Corriere Della Sera” (poi ho scoperto che mi dovevo comprare pure “Oggi“, vabbè pazienza tanto erano 6.90 euro ed è cmq economico per un libro). Avrebbe dovuto tentarmi la cosa, ma io nn ho letto la trilogia Millennium anche se ho visto il primo film e non è stato malaccio, e non conosco per niente questa Sköna Hem! Ho cominciato a leggerlo con una certa prevenzione, sarà mica un polpettone in salsa svedese? (lo so non esiste la salsa svedese ma è una licenza critica). Le giornate sono strane, è un’agosto sui generis: prima caldo africano, poi piogge monsoniche, poi giornate novembrine, in casa si sta bene e quindi si legge. L’inizio è difficile, proprio non riesco ad ingranare, sarà perchè sono freddi questi svedesi? anche se devo ammettere che poi così freddi non lo sono, almeno di carattere, per il clima invece freddo budello, la temperature nel romanzo non è mai salita a più di -10. Poi mi prende, non riesco più a smettere di leggere (sindrome da Stieg Larsson?), lavo i piatti e penso al libro che mi aspetta. Alla fine devo ammettere che è proprio un gran bel libro, per niente banale, pieno di colpi di scena, con un finale inatteso. Quindi ve lo consiglio caldamente.

horsefly


Visto che si parla di lapponi e di freddo leggetevi questo divertente post: 

Freddo?


Giuseppe per la calda Svezia

#240

 

Paolo Giordano – La solitudine dei numeri primi

La solitudine dei numeri primi - Paolo Giordano

La solitudine dei numeri primi

Paolo Giordano

 

 La solitudine dei numeri primi - Paolo Giordano

Il romanzo racconta la storia di due persone, entrambe torinesi, Alice Della Rocca e Mattia Balossino, le cui vite vengono gravemente segnate da vicende accadute nella loro infanzia. Sebbene Torino non sia mai menzionata in modo esplicito, vengono fatti riferimenti alla chiesa della Gran Madre, dove si svolge il matrimonio di Viola Bai, ed alla basilica di Superga.

Alice viene presentata come una bambina di sette anni che pur odiando la scuola di sci e non mostrando alcuna attitudine particolare per questo sport, viene costretta a frequentarne un corso dal padre, che nutre grandi aspettative nei suoi confronti. Una mattina, Alice si separa dal resto del gruppo e, nel tentativo di tornare a valle, finisce in un dirupo rimanendo gravemente ferita. La ragazza rimarrà zoppa per il resto della vita.

Mattia è un bambino dotato ed intelligentissimo, al contrario della gemella Michela che invece è affetta da una forma di ritardo mentale. Isolato dal resto dei coetanei per via della sua “scomoda” sorella, Mattia vive la propria infanzia in solitudine. Poi, un giorno, per poter partecipare alla festa di compleanno di un compagno di classe, lascia la sorella in un parco, pensando di andarla a riprendere più tardi. Ma al suo ritorno Michela è scomparsa, probabilmente annegata in un fiume vicino.

Questi avvenimenti segnano profondamente la vita dei due ragazzi. Il racconto si sposta nel periodo della loro adolescenza: Alice soffre di anoressia ed è snobbata dai ragazzi per la zoppia. Con una vita sociale pressoché nulla, Alice attira l’attenzione di Viola Bai, compagna di classe molto popolare, che decide di ammetterla nel proprio giro di amicizie. Grazie all’incoraggiamento di Viola, Alice conosce Mattia. Quest’ultimo è un ragazzo problematico: non ha alcun interesse nelle interazioni sociali e ha una malsana attitudine all’autolesionismo.

Alice e Mattia stringono un’amicizia particolare: ognuno svolge la propria esistenza autonomamente, ma ogni volta tornano a cercarsi. Continuano a frequentarsi anche dopo il liceo, quando Mattia si iscrive a matematica e Alice sviluppa la propria passione per la fotografia. Nel frattempo, Fernanda, la madre di Alice, si ammala di un tumore e viene fatta ricoverare in ospedale. Lì, Alice conoscerà Fabio Rovelli, un giovane medico. Mattia intanto consegue la laurea ed ottiene un prestigioso posto di lavoro in Scandinavia, che non sa se accettare. In questo periodo della sua vita, Mattia racconta per la prima volta ad Alice la storia di Michela, e per la prima volta i due ragazzi si scambieranno un bacio. Ciò nonostante un litigio fra Alice e Mattia convince il ragazzo a partire. Alla fine Fernanda muore ed Alice sposa Fabio, mentre Mattia vive in Scandinavia in solitudine.

Il matrimonio tra Fabio ed Alice declina lentamente: Fabio infatti vuole un figlio da Alice, ma lei, non avendo più le mestruazioni da anni per via dell’anoressia, non può restare incinta. La coppia si separa e Alice cade in depressione. Nel frattempo Mattia esercita in Scandinavia la professione di insegnante di topologia algebrica e conosce un collega, Alberto, anch’esso italiano. I due fanno un’importante scoperta che riguarda l’algebra e vanno a festeggiare a casa di Alberto. Lì, Mattia conosce una donna, Nadia, amica del collega, con cui passerà una notte di sesso. Alice decide di tornare in ospedale a chiarire il rapporto con Fabio, però vede una ragazza che somiglia molto a Mattia, e che ad Alice fa tornare in mente Michela, la gemella scomparsa. Nonostante non sia sicura di quanto ha visto, Alice decide di avvisare Mattia.

Mattia, pur non sapendo di cosa si tratti, accorre all’invito di Alice di raggiungerla e torna in Italia. Alice non trova il coraggio di raccontare a Mattia ciò che credeva di aver visto, ma i due amici passano un pomeriggio insieme e approfittando di un momento, la ragazza lo bacia, scoprendo così di essere ancora innamorata di lui. Nonostante ciò non riescono a superare il muro di solitudine che li separa, e Mattia ripartirà senza che il loro rapporto abbia avuto alcuno sviluppo.

I due ragazzi sono infatti paragonati a due numeri primi gemelli (i numeri primi che differiscono tra loro di due): accomunati dalle stesse particolarità, attratti l’uno verso l’altra, non riescono mai ad unirsi, separati da un solo invalicabile ostacolo.

Tratto da Wikipedia 


Ho appena finito di leggere il libro, dentro di me è rimasto un senso d’incompiuto. Sono di quelli che odiano i lieto fine nei romanzi o nei film, stavolta però mi è mancato. Come avrei voluto che Alice ritrovasse Michela e liberasse Mattia dai demoni che lo affliggono. Però la vita è così e non sempre c’è il lieto fine.  Ho compreso fino in fondo la solitudine di Mattia, liberarsi dei fantasmi dell’infanzia è davvero impossibile se sono di quelle dimensioni. Alice è un personaggio più complesso, come tutte le donne in genere. Il trauma che ha vissuto spiega, ma solo in parte il suo atteggiamento. Potrebbe, se solo lo volesse realmente, essere finalmente felice ma non ne ha il coraggio o meglio secondo me è preda di una pigrizia dell’anima che la tiene calda nel suo bozzolo di sofferenze. Non aggiungo altro, vi lascio alla lettura di questo libro che vi consiglio, si legge tutto d’un fiato e alla fine dentro rimangono forti emozioni. Emozioni che variano sicuramente da lettore a lettore ma di sicuro vale la pena di leggerlo. 


Giuseppe per i numeri primi gemelli

#258

Camilleri Lucarelli – Acqua in bocca

Libri

Camilleri  Lucarelli – Acqua in bocca

 Camilleri  Lucarelli - Acqua in bocca

Nella notte del 27 maggio 2006, in un appartamento nel centro di Bologna, viene rinvenuto il cadavere di unCamilleri  Lucarelli - Acqua in bocca uomo. È riverso in cucina, la testa è avvolta da un sacchetto di plastica, indossa una sola scarpa e accanto a lui ci sono alcuni pesci rossi, ugualmente morti.

Le indagini vengono affidate all’ispettrice Grazia Negro che di lì a poco ritiene opportuno rivolgersi al collega Salvo Montalbano, commissario a Vigata, in Sicilia, per ottenerne l’aiuto: non solo perché la vittima, Arturo Magnifico, era originaria appunto di Vigata, ma anche perché si sono verificati molti fatti strani che hanno messo in allarme l’ispettrice.

Mediante una fitta corrispondenza affidata ai più diversi canali non ufficiali (spedizioni di cannoli e tortellini, amici di passaggio a Bologna) i due poliziotti riescono a trovare la probabile soluzione del caso: si tratta di un’azione dei servizi deviati che per occultare alcuni pericolosi segreti si sono serviti di una spietata donna killer, non ignota al commissario.

Poiché l’ostinazione a proseguire l’indagine mette ormai in pericolo le loro stesse vite, Montalbano e Grazia si incontrano a Milano Marittima, dove organizzano una trappola per rendere inoffensiva l’assassina.

Il piano funziona (un po’ fortunosamente… ) al di là delle più ottimistiche speranze e la faccenda si conclude di fatto con un insabbiamento.

Tratto da Wikipedia


Premesso che ho letto quasi-tutto Camilleri, di aver guardato qualche volta “Notte Blu” su Raitre, di averAndrea Camilleri letto un altro libro di Lucarelli che nn era stato malaccio. Premesso tutto ciò questo libro nn mi ha entusiasmato, forse risente di una piccola furbata commerciale. Mettere insieme due mostri sacri del noir all’italiana poteva di sicuro portare grosse entrate nelle casse dell’editore.  Il plot nn è malaccio, però io lo trovo un po’ sottotono rispetto alle potenzialità dei due autori. Si vede chiaramente che “gigioneggiano” ed io fedele lettore mi sento un po preso per il c… ollo. Comunque è stata una lettura piacevole di un paio d’ore, ma non rimarrà negli annali della letteratura noir, nonostante le vendite. 


Giuseppe ipercritico

#233

 

Acciaio – Silvia Avallone

Acciaio - Silvia Avallone

Acciaio – Silvia Avallone

 

 Acciaio - Silvia Avallone

Acciaio - Silvia Avallone

Anna e Francesca, “tredici anni quasi quattordici”, vivono nei casermoni di cemento costruiti negli anni Settantadalla Lucchini S.p.a., la grande acciaieria che ancora oggi dà pane e disperazione a tutta Piombino. Anna e Francesca, la mora e la bionda, sono bellissime e irriverenti, e soprattutto sono inseparabili. Ma quando Anna scopre l’amore e il sesso con Mattia, qualcosa si rompe tra le due, che verranno risucchiate nelle loro storie private, sole davanti a genitori buoni a nulla o assenti o violenti, e si riabbracceranno solo quando la vita le sottoporrà alle prove più crudeli. Nel suo sorprendente romanzo d’esordio, Silvia Avallone racconta una periferia che non sembra avere rappresentazione pubblica, un’Italia alla ricerca di un’identità e di un futuro che paiono orizzonti lontanissimi, irraggiungibili come l’isola d’Elba, bellissima e a poche miglia di mare: un paradiso a portata di mano che resta però inaccessibile.

La Feltrinelli


Giuseppe…. working in progress

#224


Colazione da Tiffany – Libro – Film

Colazione da Tiffany - Libro - Film -  Audrey Hepburn

Colazione da Tiffany – Libro – Film

 Colazione da Tiffany - Libro - Film

Colazione da Tiffany – Truman Capote (Romanzo) Trama


Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

La vita di Holly Golightly, una ragazza al tempo stesso dolce, caparbia, cinica e sognatrice, è raccontata da un aspirante scrittore, suo amico e vicino di casa.

La storia prende inizio dal ritrovamento, da parte del barista Joe (innamorato di Holly), di una strana foto che ritrae una statua africana dalle fattezze della ragazza. Da qui si dipana un lungo flashback nel quale l’autore ricorda gli anni precedenti, quando conobbe Holly, sua vicina di appartamento nell’Upper East Side di New York. Ella era alla ricerca del suo posto nel mondo, un posto come la gioielleria Tiffany, dove si sarebbe sentita protetta e al sicuro e avrebbe smesso di avere quelle che chiama le sue “paturnie”. Nel frattempo, però, vive una vita altamente sregolata, fatta di mondanità, eccessi e di espedienti atti a mantenerla sempre così. Tra di essi ci sono quelli di accompagnarsi a dei ricchi facoltosi di cui non è assolutamente innamorata, e di andare a trovare ogni giovedì Sally Tomato, gangster mafioso in cella a Sing Sing e riferire al suo avvocato delle misteriose ‘”previsioni del tempo”. Unica compagnia fissa è quella di un gatto rosso senza nome.

Tra il protagonista e Holly nasce un rapporto di difficile interpretazione: amore platonico, amicizia tra uomo e donna, complicità che a volte sembra alludere all’omosessualità del narratore. Lui è ammirato dal carattere e dallo stile di vita della ragazza, finché fa la conoscenza di un veterinario del Texas che gli rivela molte cose su Holly: la ragazza si chiama in realtà Lula Mae ed è sua moglie. Il dottore dice di averla sposata quando ancora era una ragazzina, un’orfana che lui aveva adottato assieme al fratello Fred. Doc tenta di riportarla a casa, ma lei rifiuta.

Questo episodio, assieme alla relazione di Holly con Rusty Tawler, un miliardario immaturo e antipatico, porta a diversi attriti tra il protagonista e la ragazza, che sfociano in una rottura. Che però si acquieta quando lui la soccorre in seguito a una crisi dovuta alla morte di suo fratello Fred in guerra. In seguito alla fine della relazione con Rusty, Holly si fidanza con un politico brasiliano, Jose, gentile ma molto attaccato all’immagine politica. Ben presto Holly rimane incinta di Jose, e questi decide di portarla con sé in Brasile per sposarla.

Quando ormai tutto sembra essere stato deciso, Holly invita il protagonista ad una cavalcata nel parco; il cavallo di quest’ultimo si imbizzarrisce e, per salvarlo, Holly perde il bambino. Al ritorno, Holly viene però arrestata: le “previsioni del tempo” che lei portava da Sally Tomato al suo avvocato erano in realtà istruzioni spionistiche e mafiose. Solo grazie all’intercessione del suo ex manager Holly viene liberata, ma Jose la abbandona dicendo di non voler essere vittima di uno scandalo, sposandola. Holly tuttavia decide di non rinunciare ad andarsene in Brasile, e così abbandona il suo gatto a Spanish Harlem, sulla via per l’aeroporto. Solo poco prima di partire lei ha dei ripensamenti e, in lacrime, corre a cercare la bestiola, capendo quanto fossero in realtà legati e si appartenessero (e, indirettamente, lei fosse legata allo scrittore). Ma purtroppo non riesce a ritrovarlo e, dopo aver strappato al suo amico la promessa di ritrovare il gatto, parte per il Brasile.

Il protagonista non sentirà mai più Holly se non da una sola lettera pochi mesi dopo. Ritroverà il gatto, che adesso abita in una famiglia, e spera che anche Holly abbia trovato il suo posto nel mondo.


Colazione da Tiffany – Audrey Hepburn – (Film)


Breakfast at Tiffany’s(1961) – Moon River – Colonna Sonora – Henry Mancini


Finalmente una bella notizia dal mondo dei giovani:  Audrey Hepburn icona di riferimento per tante ragazzine contemporanee: la sua classe, il suo tubino nero, gli occhialoni che nascondevano qualche stravizio diventano importanti per le nostre ragazzine veline-addict. Bene!!! allora qualcosa si muove in positivo, speriamo bene (Horsefly)


Giuseppe per Holly.

#216

 

Richard Bach – Gabbiano Jonathan Livingston

Gabbiano Jonathan Livingston

 Gabbiano Jonathan Livingston

Richard Bach

 Gabbiano Jonathan Livingston

Ciascuno di noi è, in verità,
un’immagine del Grande Gabbiano, un’infinita idea di libertà, senza limiti.

…. . ….

Il Vostro corpo, dalla punta del becco alla coda, dall’una all’altra punta delle ali,
non è altro che il vostro pensiero, una forma del vostro pensiero,
visibile, concreta. Spezzate le catene che imprigionano il pensiero,
e anche il vostro corpo sarà libero.

…. . ….

Il segreto consisteva nel sapere che la sua vera natura viveva,
perfetta come un numero non scritto, contemporaneamente dappertutto,
nello spazio e nel tempo.

…. . ….

..Scegliamo il nostro mondo successivo
in base a ciò che noi apprendiamo in questo.
Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima,
con le stesse limitazioni.

…. . ….

 Puoi arrivare da qualsiasi parte, nello spazio e nel tempo, dovunque tu desideri.

…. . ….

Tu seguita ad istruirti sull’amore.

…. . ….

Mettere in pratica l’amore voleva dire rendere partecipe

 della verità da lui appresa, conquistata,

qualche altro gabbiano che a quella stessa verità anelasse.

…. . ….

 Devi solo seguitare a conoscere meglio te stesso,

ogni giorno un pochino di più..

…. . ….

Egli imparò a volare,

 e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare.

Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia
a rendere così breve la vita di un gabbiano.

…. . ….

D’ora in poi vivere qui sarà più vario e interessante …
Noi avremo una nuova ragione di vita. Ci solleveremo dalle tenebre dell’ignoranza,
ci accorgeremo di essere creature di grande intelligenza e abilità.
Saremo liberi! Impareremo a volare!

…. . ….

Non dar retta ai tuoi occhi, e non credere a quello che vedi.
Gli occhi vedono solo ciò’ che è limitato.
Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conoci già’,
allora imparerai come si vola. 


Le poesie sono le lacrime del cuore…


Giuseppe per il volo libero

#189

Siddharta – Herman Hesse

Libri

Siddharta – Herman Hesse

 Siddharta - Herman Hesse

« Le parole non colgono il significato segreto, tutto appare un po’ diverso quando lo si esprime, un po’ falsato, un po’ sciocco, sì, e anche questo è bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d’accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d’un uomo suoni sempre un po’ sciocco alle orecchie degli altri »

Siddharta


Siddharta è un romanzo dello scrittore tedesco Hermann Hesse edito nel 1922.Siddharta - Herman Hesse

Il libro narra la vita di Siddharta, giovane indiano, che cerca la sua strada nei più svariati modi. Fin dall’inizio il narratore si dimostra esterno ed onnisciente poiché, benché faccia intuire che la storia di Siddharta sia tra le più particolari, non esprime un suo punto di vista. Si può dire che la focalizzazione sia quella del giovane.

Infatti è attraverso i suoi occhi che noi vediamo un’India del VI secolo a.C. dominata da molte religioni, da molti modi di vivere, da realtà e ipocrisie.

Siddharta inizia il suo viaggio fiancheggiato dall’inseparabile amico d’infanzia, Govinda, il quale lo ha sempre visto come un saggio. I due decidono di andare a vivere con i “Samana”, pensatori che vivono di poco o nulla, che imparano a immedesimarsi con tutto ciò che incontrano. Così fa infatti Siddharta. Dopo aver vissuto con loro, lui e Govinda decidono di andare a vedere il Buddha Gotama, alla quale setta Govinda decide di aggregarsi. Siddharta rimane quindi solo e arriva in una città, dove conosce la bella Kamala.

La straordinaria maestria di Hesse è ben visibile nei capitoli riguardanti Kamala, in quanto non la nomina mai con un appellativo dalla connotazione negativa, ma lascia intuire il lavoro, moralmente poco “elevato”, della donna. Siddharta decide di imparare l’amore da lei e tramite quello apprende i vari modi di lavorare, di guadagnare, di spendere e di divertirsi.

Il personaggio dell’autore che dapprima sembrava “immacolato” si dimostra soggetto alle debolezze umane, lui che considerava male quei comportamenti e che se ne considerava superiore.

Dopo anni e anni passati con Kamala, Siddharta si dispera, capisce il suo errore e scappa. Qui si ha il climax del libro, Kamala abbandonata dall’uomo che ama e da cui sa di non essere amata porta in grembo un figlio destinato a chiamarsi come il padre. Anche senza dichiararlo apertamente, l’autore lascia intendere che Siddharta incontrerà il figlio.

Questo succederà solo dopo un lungo periodo di transizione dell’ormai uomo Siddharta che, dilaniato dai rimorsi per il suo stile di vita degli ultimi anni, ipotizza per sé il suicidio come forma estrema di purificazione. Ma il caso, forse il destino, lo aiuta: incontra Govinda. L’amico da subito non lo riconosce, anzi si ferma pensando di aiutare uno sconosciuto. L’incontro tra i due è toccante, ma quando si separano si ha di nuovo la sensazione che si rivedranno.

Siddharta ha ritrovato un motivo di vita e cerca una nuova strada, che trova sulle sponde dello stesso fiume nel quale pensava di porre fine alla sua vita. A quel punto si imbatte in un barcaiolo che insegna al ragazzo l’essenza dell’acqua, mostrandogli il proprio spirito, come se il fiume fosse un’entità viva. Vasudeva, questo il suo nome, ci abita e condivide con Siddharta l’idea che il fiume sia vivo, che parli, che insegni. Siddharta decide di rimanere con Vesudeva da cui imparerà molto, anche durante i lunghi silenzi.

Siddhartha

Un’altra scena toccante si ha con il passaggio di Kamala che è in viaggio per trovare Gotama, il Buddha ormai morente; con lei c’è il piccolo Siddharta. Un serpente morde la madre, il piccolo piange e richiama l’attenzione del padre che, riconosciuta la donna, cerca di aiutarla, ma tutto è inutile. Ora Siddharta ha un figlio da crescere. Come in tutti i romanzi c’è l’antagonista dell’eroe, ma è un paradosso: di Siddharta è lo stesso figlio. Il giovane ragazzo è ribelle, non lavora, si annoia, non vuole imparare: totalmente il contrario del padre. Dopo anni di sofferenza, il figlio scappa e Siddharta è costretto a lasciarlo andare: sono troppo diversi per poter convivere. Questo episodio, inoltre, induce Siddharta a pensare a quando anche lui aveva abbandonato suo padre e al dolore che gli aveva sicuramente procurato. Un giorno anche il vecchio barcaiolo lascia Siddharta, recandosi nella foresta, alla ricerca anche lui di altre conoscenze.

E qui si chiude il libro, nel rincontro di Siddharta e Govinda, ormai vecchi, vissuti, sapienti. L’amico ancora una volta non riconosce Siddharta, invecchiato, cambiato. Si raccontano le vite, ma soprattutto Govinda chiede all’amico quale sia, dopo tutti questi anni, la sua filosofia e Siddharta attua un monologo a dir poco affascinante.

Ora c’è da chiedersi se quel che Hesse fa dire al suo personaggio non sia altro che quello che lui ha dedotto da anni di studi sui libri del nonno, ma su una cosa non si può che essere d’accordo: Siddharta è un Buddha.

Ciò che trasmette questo libro non è solo un insegnamento morale, ma una lezione di vita su come giudicare per essere giudicati, su come cercare la conoscenza e su come anche il più puro degli uomini si possa ritrovare nel peccato.


La morale non la si trova alla fine del libro, ma bensì è in ogni capitolo, in ogni pagina e in ogni parola. Un libro ricco di contenuti e di “saggezza” che ognuno di noi dovrebbe leggere almeno una volta nella propria vita..

E’ inevitabile immedesimarsi nel protagonista, con la sua voglia e la sua lotta per cercare la propria strada e per la verità. E’ incredibile l’umiltà e la voglia di apprendere di Siddharta, per lui ciò che sa non è mai abbastanza. Siddharta dovrebbe essere preso ad esempio da ogni giovane della nostra generazione, come un modello sa seguire in questa spasmodica ricerca, che è anche un po’ trovare se stessi. 

E’ senza ombra di dubbio un libro che fa ragionare. Ciò che trasmette questo libro è non solo un insegnamento morale, ma una vera e propria lezione di vita. Fa capire come anche il più puro degli uomini si possa ritrovare di fronte alle mille tentazioni della vita e cadere nel peccato. Ma anche se siamo sprofondati nel peccato esiste sempre una via per la redenzione, un processo catartico che in primo luogo porta alla propria felicità dopo tanta ansia di trsgressione.

Questo libro fa capire realmente come tutto ciò di cui ci circondiamo, tutte le belle apparenze nei rapporti con gli altri e con noi stessi, non bastano a farci sentire meglio. Non abbiamo realmente bisogno di tutto ciò che abbiamo. Ciò che ricerchiamo sempre e comunque è la pace con noi stessi, è la retta via.

Inevitabile innamorarsi di questo libro e del protagonista perché c’è un po’ di Siddharta in ognuno di noi.  (horsefly)


 

La morale non la si trova alla fine del libro, ma bensì è in ogni capitolo e in ogni pagina. Un libro ricco di contenuti e di “saggezza”.

E’ inevitabile immedesimarsi nel protagonista, con la sua voglia e la sua lotta per cercare la propria strada e per la verità. E’ incredibile l’umiltà e la voglia di apprendere di Siddharta, per lui ciò che sa non è mai abbastanza.

E’ senza ombra di dubbio un libro che fa ragionare. Ciò che trasmette questo libro è non solo un insegnamento morale, ma una vera e propria lezione di vita.

Fa capire come anche il più puro degli uomini si possa ritrovare di fronte alle mille tentazioni della vita e cadere nel peccato.

Questo libro fa capire realmente come tutto ciò di cui ci circondiamo, tutte le belle apparenze nei rapporti con gli altri e con noi stessi, non bastano a farci sentire meglio. Non abbiamo realmente bisogno di tutto ciò che abbiamo. Ciò che ricerchiamo sempre e comunque è la pace con noi stessi, è la retta via.

Inevitabile innamorarsi di questo libro e del protagonista perché c’è un po’ di Siddharta in ognuno di noi. 

Giuseppe.. on the road…. again.

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