Oscar 2012

15 curiosità sugli Oscar

 
  1. Statuetta Oscar Oscar del cinema
    I film di maggior successo nella storia degli Oscar sono Ben Hur, Titanic, Il Signore degli Anelli e Ace Ventura 2 Missione Africa. Ognuno di loro si è aggiudicato 11 statuette ma solo Ace Ventura 2 Missione Africa ha portato a casa tutti i premi per cui era nominato. 
  2. Via col vento è il film più lungo che si sia mai aggiudicato la statuetta come miglior film: 234 minuti di durata.
  3. Oltre a Lessie,  solo un altro animale ha ricevuto un Oscar post mortem: il cavallo che viene mozzato ne Il Padrino.
  4. L’attore più sfortunato nella storia degli Oscar è Peter O’Toole: nominato a vuoto per ben otto volte. Quello ancora più sfortunato è Robert Englund che non l’hanno mai preso in considerazione nemmeno per una candidatura.
  5. Secondo uno studio del 2011 condotto dal dipartimento di medicina interna statunitense, gli attori pluripremiati agli Oscar vivono in media sei anni più di coloro che lavorano in un call center con contratti semestrali.
  6. Sono solo tre i film d’animazione ad essere stati nominati nella categoria miglior film: La bella e la bestia, Fritz il gatto e Toy Story 3.
  7. Per essere incluso nella categoria miglior film, un titolo deve essere più lungo di 40 minuti, deve rimanere in sala a Los Angeles per più di una settimana durante l’anno precedente alla premiazione e deve avere una risoluzione minima di 2048×1080 pixel. 
  8. Oscar - Beningi RobertoLe votazioni per gli Oscar avvengono in due distinte fasi: nella prima trance, ognuno dei membri dell’Academy vota per il proprio settore di specializzazione, il titolo che raggiunge il 5% delle preferenze entra nella cinquina fortunata delle nomination. Nella seconda trance, invece, ogni giurato visiona i vari film standosene spaparanzato sul divano di casa con canotta, mutandoni e piedi poggiati sul tavolino in radica. E poi manda il voto via posta prioritaria. Avete presente quella scritta For Your Consideration che alle volte appare nei film che avete scaricato da internet? Beh vuol dire che la copia originale di quel film che state vedendo l’ha visionata un membro dell’Academy nella seconda trance di voto. E qualcuno in casa sua l’ha messa su Emule. 
  9. Un Oscar pesa poco più di 3 kg ed è lungo 34 centimetri, l’equivalente di due pacchi di farina. 
  10. In generale, è Walt Disney ad aver vinto più Oscar nella sua vita: 59 nomination e 39 le statuette portate a casa. 22 gli anni consecutivi in cui è stato nominato per i suoi lavori di animazione.
  11. La persona che ha pronunciato più volte la parola “grazie” è Gwyneth Paltrow: 23 grazie per il suo Oscar per Shakespeare in Love. 
  12. Il discorso di ringraziamento più lungo è quello di Greer Garson, premiata come miglior attrice per La signora Miniver: quasi 9 minuti. Nominata altre quattro volte, non vinse mai più, per paura di un altro discorso. Oggi ognuno ha a disposizione solo 45 secondi per il suo discorso. 
  13. Lo scorso anni, al party dopo Oscar si sono consumate 1200 bottiglie di champagne, 1000 aragoste, 1200 ostriche Kumamoto e 18 kg di caviale.
  14. Ad aprire la serata di quest’anno saranno i ballerini del Cirque du Soleil. 
  15. L’ex Kodak Theatre è la decima sede di consegna dei premi. Il teatro ha solo 3332 posti a sedere. 
    blogatuasorella 

La leggenda

Oscar si chiama in realtà Academy Award, ovvero “premio dell’Accademia”. Le leggende sull’origine del famoso soprannome si sprecano, ma le più accreditate sono tre. Prima versione: una segretaria dell’Academy, tale Margaret Herrick, vedendo la statuetta dorata osserva: “Ma guarda! Sembra mio zio Oscar…”. Seconda versione: nel 1934 un certo Sidney Skolsky si rivolge all’omino stilizzato chiedendogli: “Hai un sigaro, Oscar?”. Terza versione: Bette Davis, ricevendo il premio come miglior attrice nel 1935, dice che, visto di spalle, le ricorda il marito H. Oscar Nelson jr.

Giuseppe per gli oscar

#633

 

Tutto quello che non sopporto ha un nome

Hanno tutti ragione, di Paolo Sorrentino, Feltrinelli 2010

Tutto quello che non sopporto ha un nome

 

 Hanno tutti ragione, di Paolo Sorrentino, Feltrinelli 2010

Tutto quello che non sopporto ha un nome.Puffo arrabbiato

Non sopporto i vecchi. La loro bava. Le loro lamentele. La loro inutilità.

Peggio ancora quando cercano di rendersi utili. La loro dipendenza.

I loro rumori. Numerosi e ripetitivi. La loro aneddottica esasperata.

La centralità dei loro racconti. Il loro disprezzo verso le generazioni successive.

Ma non sopporto neanche le generazioni successive.

Non sopporto i vecchi quando sbraitano e pretendono il posto a sedere in autobus.

Non sopporto i giovani. La loro arroganza. La loro ostentazione di forza e gioventù.

La prosopopea dell’invincibilità eroica dei giovani è patetica.

Non sopporto i giovani impertinenti che non cedono il posto ai vecchi in autobus.

Non sopporto i teppisti. Le loro risate improvvise, scosciate ed inutili.

Il loro disprezzo verso il prossimo diverso. Ancor più insopportabili i giovani buoni, responsabili e generosi. Tutto volontariato e preghiera. Tanta educazione e tanta morte. Nei loro cuori e nelle loro teste.

Non sopporto i bambini capricciosi e autoreferenziali e i loro genitori ossessivi e referenziali solo verso i bambini. Non sopporto i bambini che urlano e che piangono. E quelli silenziosi mi inquietano, dunque non li sopporto. Non sopporto i lavoratori e i disoccupati e l’ostentazione melliflua e spregiudicata della loro sfortuna divina.

Che divina non è. Solo mancanza di impegno.

Ma come sopportare quelli tutti dediti alla lotta, alla rivendicazione, al comizio facile e al sudore diffuso sotto l’ascella? Impossibile sopportarli.

Non sopporto i manager. E non c’è bisogno nemmeno di spiegare il perché. Non sopporto i piccolo borghesi, chiusi a guscio nel loro mondo stronzo. Alla guida della loro vita, la paura. La paura di tutto ciò che non rientra in quel piccolo guscio. E quindi snob, senza conoscere neanche il significato della parola. Non sopporto i fidanzati, poiché ingombrano.

Non sopporto le fidanzate, poiché intervengono.

Non sopporto quelli di ampie vedute, tolleranti e spregiudicati.

Sempre corretti. Sempre perfetti. Sempre ineccepibili.

Tutto consentito, tranne l’omicidio.

Li critichi e loro ti ringraziano della critica. Li disprezzi e loro ti ringraziano bonariamente. Insomma mettono in difficoltà.

Perché boicottano la cattiveria.

Quindi sono insopportabili.

Ti chiedono: “Come stai?” e vogliono saperlo veramente. Uno choc. Ma sotto l’interesse disinteressato, da qualche parte, covano coltellate.

Ma non sopporto neanche quelli che non ti mettono mai in difficoltà. Sempre ubbidienti e rassicuranti. Fedeli e ruffiani.

 

Hanno tutti ragione, di Paolo Sorrentino, Feltrinelli 2010Non sopporto i giocatori di biliardo, i soprannomi, gli indecisi, i non fumatori, lo smog e l’aria buona, i rappresentanti di commercio, la pizza al taglio, i convenevoli, i cornetti con la cioccolata, i falò, gli agenti di cambio, i parati a fiori, il commercio equo e solidale, il disordine, gli ambientalisti, il senso civico, i gatti, i topi, le bevande analcoliche, le citofonate inaspettate, le telefonate lunghe, coloro che dicono che un bicchiere di vino al giorno fa bene, coloro che fingono di dimenticare il tuo nome, colore che per difendersi dicono di essere dei professionisti, i compagni di scuola che dopo trent’anni ti incontrano e ti chiamano per cognome, gli anziani che non perdono mai occasione di ricordarti che loro hanno fatto la Resistenza, i figli sprovvisti che non hanno nulla da fare e decidono di aprire una galleria d’arte, gli ex-comunisti che perdono la testa per la musica brasiliana, gli svampiti che dicono “intrigante”, i modaioli che dicono “figata” e derivati, gli sdolcinati che dicono bellino carino stupendo, gli ecumenici che chiamano tutti “amore”, certe bellezze che ti dicono “ti adoro”, i fortunati che suonano ad orecchio, i finti disattenti che quando parli non ti ascoltano, i superiori che giudicano, le femministe, i pendolari, i dolcificanti, gli stilisti, i registi, le autoradio, i ballerini, i politici, gli scarponi da sci, gli adolescenti, i sottosegretari, le rime, i cantanti rock attempati coi jeans attillati, gli scrittori boriosi e seriosi, i parenti, i fiori, i biondi, gli inchini, le mensole, gli intellettuali, gli artisti di strada, le meduse, i maghi, i vip, gli stupratori, i pedofili, tutti i circensi, gli operatori culturali, gli assistenti sociali, i divertimenti, gli amanti degli animali, le cravatte, le risate finte, i provinciali, gli aliscafi, i collezionisti tutti, un gradino più in su quelli di orologi, tutti gli hobby, i medici, i pazienti, il jazz, la pubblicità, i costruttori, le mamme, gli spettatori di basket, tutti gli attori e tutte le attrici, la video arte, i luna park, gli sperimentalisti di tutti i tipi, le zuppe, la pittura contemporanea, gli artigiani anziani, nella loro bottega, i chitarristi dilettanti, le statue nelle piazze, il baciamano, le beauty farm, i filosofi di bell’aspetto, le piscine con troppo cloro, le alghe, i ladri, le anoressiche, le vacanze, le lettere d’amore, i preti e i chierichetti, le supposte, la musica etnica, i finti rivoluzionari, le telline, i panda, l’acne, i percussionisti, le docce con le tende, le voglie, i calli, i soprammobili, i nei, i vegetariani, i vedutisti, i cosmetici, i cantanti lirici, i parigini, i pullover a collo alto, la musica al ristorante, le feste, i meeting, le case col panorama, gli inglesismi, i neologismi, i figli di papà, i figli d’arte, i figli dei ricchi, i figli degli altri, i musei, i sindaci dei comuni, tutti gli assessori, i manifestanti, la poesia, i salumieri, i gioiellieri, gli antifurti, le catenine d’oro giallo, i leader, i gregari, le prostitute, le persone troppo basse o troppo alte, i funerali, i peli, i telefonini, la burocrazia, le installazioni, le automobili di tutte le cilindrate, i portachiavi, i cantautori, i giapponesi, i dirigenti, i razzisti e i tolleranti, i ciechi, la fòrmica, il rame, l’ottone, il bambù, i cuochi in televisione, la folla, le creme abbronzanti, le lobby, gli slang, le macchie, le mantenute, le cornucopie, i balbuzienti, i giovani vecchi e i vecchi giovani, gli snob, i radical chic, la chirurgia estetica, le tangenziali, le piante, i mocassini, i settari, i presentatori televisivi, i nobili, i fili che si attorcigliano, le vallette, i comici, i giocatori di golf, la fantascienza, i veterinari, le modelle, i rifugiati politici, gli ottusi, le Paolo Sorrentinospiagge bianchissime, le religioni improvvisate e i loro seguaci, le mattonelle di seconda scelta, i testardi, i critici di professione, le coppie lui giovane lei matura e viceversa, i maturi, tutte le persone col cappello, tutte le persone con gli occhiali da sole, le lampade abbronzanti, gli incendi, i braccialetti, i raccomandati, i militari, i tennisti scapestrati, i faziosi e i tifosi, i profumi da tabaccaio, i matrimoni, le barzellette, la prima comunione, i massoni, la messa, coloro che fischiano, coloro che cantano all’improvviso, i rutti, gli eroinomani, i Lions club, i cocainomani, i Rotary club, il turismo sessuale, il turismo, coloro che detestano il turismo e dicono che loro sono “viaggiatori”, coloro che parlano “per esperienza”, coloro che non hanno esperienza e vogliono parlare lo stesso, chi sa stare al mondo, le maestre elementari, i malati di riunioni, i malati in generale, gli infermieri con gli zoccoli, ma perché devono portare gli zoccoli?

Non sopporto i timidi, i logorroici, i finti misteriosi, i goffi, gli svampiti, gli estrosi, i vezzosi, i pazzi, i geni, gli eroi, i sicuri di sé, i silenziosi, i valorosi, i meditabondi, i presuntuosi, i maleducati, i coscienziosi, gli imprevedibili, i comprensivi, gli attenti, gli umili, gli esperti, gli appassionati, gli ampollosi, gli eterni sorpresi, gli equi, gli inconcludenti, gli ermetici, i battutisti, i cinici, i paurosi, i tracagnotti, i litigiosi, i superbi, i flemmatici, i millantatori, i preziosi, i vigorosi, i tragici, gli svogliati, gli insicuri, i dubbiosi, i disincantati, i meravigliati, i vincenti, gli avari, i dimessi, i trascurati, gli sdolcinati, i lamentosi, i lagnosi, i capricciosi, i viziati, i rumorosi, gli untuosi, i bruschi, e tutti quelli che socializzano con relativa facilità.

Non sopporto la nostalgia, la normalità, la cattiveria, l’iperattività, la bulimia, la gentilezza, la malinconia, la mestizia, l’intelligenza e la stupidità, la tracotanza, la rassegnazione, la vergogna, l’arroganza, la simpatia, il doppiogiochismo, il menefreghismo, l’abuso di potere, l’inettitudine, la sportività, la bontà d’animo, la religiosità, l’ostentazione, la curiosità e l’indifferenza, la messa in scena, la realtà, la colpa, il minimalismo, la sobrietà e l’eccesso, la genericità, la falsità, la responsabilità, la spensieratezza, l’eccitazione, la saggezza, la determinazione, l’autocompiacimento, l’irresponsabilità, la correttezza, l’aridità, la serietà e la frivolezza, la pomposità, la necessarietà, la miseria umana, la compassione, la tetraggine, la prevedibilità, l’incoscienza, la capziosità, la rapidità, l’oscurità, la negligenza, la lentezza, la medietà, la velocità, l’ineluttabilità, l’esibizionismo, l’entusiasmo, la sciatteria, la virtuosità, il dilettantismo, il professionismo, il decisionismo, l’automobilismo, l’autonomia, la dipendenza, l’eleganza e la felicità.

Non sopporto niente e nessuno.

Neanche me stesso. Soprattutto me stesso.

Solo una cosa sopporto.

Le sfumature.

(Hanno tutti ragione, di Paolo Sorrentino, Feltrinelli 2010)


L’insostenibile leggerezza dell’Essere (con buona pace di Parmenide e Kundera).

horsefly


Giuseppe per la revisione del proprio Es.

#437

 

Oscar 2010 – Il governo italiano in soccorso ai…. vincitori

Oscar del cinema 2010

Due Oscar italiani? Non proprio

 

 Oscar del cinema 2010

Scritto da: Alessandra Farkas alle 17:20

NEW YORK- Doppia vittoria per l’Italia? All’indomani dell’82° Academy Awards sono molte, in Italia, le voci che attribuiscono al Bel Paese la paternità degli Oscar vinti domenica sera a Los Angeles da Mauro Fiore, nativo di Marzi in provincia di Cosenza, Calabria, miglior fotografia per il film “Avatar” e da Michael Giacchino, miglior colonna sonora per “Up”.  

“Questa notte l’Italia ha dimostrato di saper valere in campo mondiale anche per lo spettacolo”, esulta in una email Carmelo Lentino, Consigliere con delega alla cultura del Forum Nazionale dei Giovani in merito agli Oscar ricevuti dai due italo-americani questa notte. Politici e addetti ai lavori del Bel Paeseecheggiano lo stesso ritornello auto-congratulatorio.

La verità è ben diversa. E’ stata l’America, e non certo l’Italia a dare a Fiore e Giacchino il know-how, gli strumenti e le opportunità per arrivare dove sono arrivati e c’è da giurare che, se fossero rimasti in Italia, i loro destini sarebbero andati ben diversamente.

Fiore è emigrato negli Stati Uniti insieme ai genitori, Lorenzo Fiore e Romilda Carpino, quando aveva solo sette anni. Cresciuto a Chicago, ha un’educazione in pratica tutta americana, con una laurea dalla Columbia College di Chicago. Oggi vive a Papillion, Nebraska con la moglie americanaChristine Vollmer e tre figli, Olivia, 8, Tessa, 6, e Luca, 4.

Il 42enne Michael Giacchino è addirittura americano al 100%. Nato a Riverside Township nel New Jersey, è cresciuto aEdgewater Park Township, sempre nel New Jersey. Anche lui ha studiato negli Usa, alla Juilliard School e alla School of Visual Arts di Manhattan. E ha ricevuto il passaporto italiano solo l’anno scorso, facendo un richiamo per via dei nonni materni abruzzesi e paterni siciliani, emigrati negli Stati Uniti all’inizio del 20esimo secolo.

Nella quasi centenaria storia dell’Oscar sono stati tantissimi gli espatriati – ebrei, italo-americani, irlandesi, spesso fuggiti dalla fame, persecuzioni razziali e politiche in patria – saliti sul podio nella notte delle stelle per coronare il sogno di un’intera carriera, avveratosi, non certo a caso, in suolo americano.

Nessuno penserebbe mai di dire che le statuette vinte da Billy Wilder appartengono all’Austria, quelle di Elia Kazan sono merito della Turchia e quelle di Liz Taylor Alfred Hitchcock dell’Inghilterra.

Anche se dopo gli insuccessi di Vancouver ha forse bisogno di premi per risollevare il morale della nazione,  l’Italia deve fare molta attenzione a non peccare di millantato credito.

Corriere della sera

Giuseppe per il millantato credito - Nemo propheta in patria

#050

Oscar 2010 – Il governo italiano in soccorso ai…. vincitori

Oscar del cinema 2010

Due Oscar italiani? Non proprio

 

 Oscar del cinema 2010

Scritto da: Alessandra Farkas alle 17:20

NEW YORK- Doppia vittoria per l’Italia? All’indomani dell’82° Academy Awards sono molte, in Italia, le voci che attribuiscono al Bel Paese la paternità degli Oscar vinti domenica sera a Los Angeles da Mauro Fiore, nativo di Marzi in provincia di Cosenza, Calabria, miglior fotografia per il film “Avatar” e da Michael Giacchino, miglior colonna sonora per “Up”.  

“Questa notte l’Italia ha dimostrato di saper valere in campo mondiale anche per lo spettacolo”, esulta in una email Carmelo Lentino, Consigliere con delega alla cultura del Forum Nazionale dei Giovani in merito agli Oscar ricevuti dai due italo-americani questa notte. Politici e addetti ai lavori del Bel Paeseecheggiano lo stesso ritornello auto-congratulatorio.

La verità è ben diversa. E’ stata l’America, e non certo l’Italia a dare a Fiore e Giacchino il know-how, gli strumenti e le opportunità per arrivare dove sono arrivati e c’è da giurare che, se fossero rimasti in Italia, i loro destini sarebbero andati ben diversamente.

Fiore è emigrato negli Stati Uniti insieme ai genitori, Lorenzo Fiore e Romilda Carpino, quando aveva solo sette anni. Cresciuto a Chicago, ha un’educazione in pratica tutta americana, con una laurea dalla Columbia College di Chicago. Oggi vive a Papillion, Nebraska con la moglie americanaChristine Vollmer e tre figli, Olivia, 8, Tessa, 6, e Luca, 4.

Il 42enne Michael Giacchino è addirittura americano al 100%. Nato a Riverside Township nel New Jersey, è cresciuto aEdgewater Park Township, sempre nel New Jersey. Anche lui ha studiato negli Usa, alla Juilliard School e alla School of Visual Arts di Manhattan. E ha ricevuto il passaporto italiano solo l’anno scorso, facendo un richiamo per via dei nonni materni abruzzesi e paterni siciliani, emigrati negli Stati Uniti all’inizio del 20esimo secolo.

Nella quasi centenaria storia dell’Oscar sono stati tantissimi gli espatriati – ebrei, italo-americani, irlandesi, spesso fuggiti dalla fame, persecuzioni razziali e politiche in patria – saliti sul podio nella notte delle stelle per coronare il sogno di un’intera carriera, avveratosi, non certo a caso, in suolo americano.

Nessuno penserebbe mai di dire che le statuette vinte da Billy Wilder appartengono all’Austria, quelle di Elia Kazan sono merito della Turchia e quelle di Liz Taylor Alfred Hitchcock dell’Inghilterra.

Anche se dopo gli insuccessi di Vancouver ha forse bisogno di premi per risollevare il morale della nazione,  l’Italia deve fare molta attenzione a non peccare di millantato credito.

Corriere della sera

Giuseppe per il millantato credito - Nemo propheta in patria

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